Come fare a riempire il tuo locale: il marketing è un'idea

Mai come in questi momenti il settore Horeca in generale si pone alcune fatidiche domande: come fare a uscire dalla crisi generata dalla pandemia in atto? Come rilanciare il proprio ristorante e, possibilmente farlo rendere?

La risposta non è certo facile anche perché ad aggravare la situazione resta il fatto che nessuno ha un'idea precisa su quando la situazione tornerà alla normalità e questo impedisce di programmare attività di ripresa e strategie per recuperare il terreno perduto.

Cosa fare allora?

Alcuni hanno scelto semplicemente di sedersi ed aspettare, sfruttare le scarse risorse che i Governi, almeno quello italiano, hanno messo a disposizione e sperare che le acque si calmino prima che i loro conti economici siano talmente in rosso da dover chiudere per sempre. Altri ancora hanno già chiuso purtroppo: mancanza di risorse finanziarie, indebitamenti troppo elevati da sostenere, scelte sbagliate negli anni precedenti la pandemia o semplicemente hanno gettato la spugna.

Il nostro suggerimento invece è quello che molte aziende stanno attuando: resistere!

Resistere però significa fotografare al meglio la propria situazione senza piangersi addosso o fingere di stare meglio o peggio di quello che i numeri ci dicono e mettere in atto scelte di cambiamento, magari anche radicali, utilizzando le leve che abbiamo a disposizione: le risorse umane, la comunicazione, la nostra offerta eno gastronomica e le nostre modalità di servizio al cliente.

In altre parole significa confrontarsi con scelte di MARKETING.

Termine ai più sconosciuto fino a qualche anno fa quando i margini della ristorazione erano talmente alti da poter sbagliare anche le scelte fondamentali, negli ultimi anni è spesso confuso con la comunicazione e l’advertising che, in realtà sono solo una parte di una disciplina economica molto più ampia che dovrebbe pervadere tutte le scelte aziendali.

Se ti stai chiedendo come fare a riempire il tuo locale: il marketing è un'idea.

Il marketing per come lo concepiamo noi di Horeca Consulting parte da due elementi fondamentali che però, spesso, vengono confusi o non studiati a dovere.

L’identità differenziante e il posizionamento strategico sul mercato: se questi due elementi non sono chiari e coerenti, tutte le scelte che ne dovrebbero derivare non lo saranno altrettanto.

In linea teorica ed in un mondo perfetto questa analisi andrebbe fatta prima di aprire un ristorante o un locale perché ci aiuterebbe a capire innanzitutto se la nostra idea è vincente e, nel contempo, guiderebbe azioni coerenti l’una con l’altra.

Facciamo un esempio rubando un caso da altri settori per non fare torto a nessuno. Nel mondo del vino, settore in cui l’Italia resta uno dei primi player a livello mondiale, ci sono due approcci. Il primo è quello classico italiano o francese, in cui il prodotto, il prezzo e spesso anche l’immagine sono un dato di fatto: la rete vendite. In questo modo chi segue la comunicazione non deve far altro che trovare la maniera migliore di vendere e raccontare il prodotto.

L’altro approccio, quello dei cosiddetti Paesi emergenti come Cile, Australia, ecc. fanno esattamente il contrario: partono da un bisogno dei consumatori e, magari da una falla nell’offerta, e creano un prodotto ad hoc che, quando arriva sul mercato è praticamente già venduto.

In Italia molto spesso sono stati aperti ristoranti seguendo il primo modello: io cucino quel primo o quel secondo piatto come io credo sia giusto (dalla mia decennale esperienza come chef, barman, sommelier oppure perché lo faccio per la mia famiglia e a loro piace!!) e faccio di tutto perché piaccia anche a quelli che potrebbero diventare miei clienti.

Ecco forse è il momento di guardarsi dentro e capire che il mercato degli anni 80, quello del ristorante “tuttista” che proponeva 15 antipasti, 10 primi e 15 secondi spaziando dagli indimenticabili gamberetti in salsa rosa ai tortellini panna e prosciutto senza dimenticare mai la paillard di vitello è finito.

Soprattutto oggi il consumatore sa cosa vuole quando esce a cena o a pranzo e i driver di scelta sono abbastanza individuabili da chiunque abbia voglia di perderci del tempo.

Scopriamo come fare a riempire il tuo locale: il marketing è un'idea ma ne esistono altre.

Tornando al nostro ristorante o locale in crisi le domande che dobbiamo porci innanzitutto sono: qual è la mia identità differenziante rispetto ai miei competitor? In altre parole: perché un cliente dovrebbe entrare nel mio ristorante e non in quello di fronte?

Se non avete una risposta pronta è il caso di fermarsi qualche ora a riflettere e cercare di trovarla: se il vostro locale funzionava fino a prima del COVID probabilmente questo concetto esiste ed è chiaro per i vostri clienti abituali e gli unici a non saperlo e quindi a non poterlo usare come leva di marketing per uscire dalla crisi, siete voi come imprenditori.

Una volta trovata una soluzione al quesito, il secondo fattore su cui riflettere (molto legato al primo) è: come sono o come potrei posizionarmi sul mercato:

non tutte le scarpe vanno bene per tutti i piedi e viceversa per capirci!

Chi è il mio cliente ideale? Dove vive? Quanto può spendere? Quali abitudini alimentari segue? Quali sono i miei competitor (rispondere “tutti gli altri ristoranti” è molto comodo ma inutile ai fini del ragionamento che stiamo seguendo!)?.

Mettete per iscritto tutte le risposte che vi siete dati e, insieme ai vostri collaboratori più fidati (a questo proposito ricordate che non siete soli, coinvolgete chi lavora con voi) cercate di capire se la vostra offerta è coerente in tutti gli aspetti.

Un esempio banale: se entrassimo in un fast food di qualche nota catena internazionale e ci offrissero un piatto gourmet da ristorante stellato ad un prezzo da guida Michelin, magari con materie prime come tartufo, ostriche e Bordeaux d’annata, noteremmo subito che qualcosa non quadra e, molto probabilmente non ordineremmo quei piatti perché non sarebbero coerenti con il format, con la location, con le skills del personale di sala (ammesso che ce ne sia) per raccontarci quei piatti, con la spesa media che ci eravamo immaginati per quell’esperienza gastronomica.

Non per questo quegli stessi piatti non li ordineremmo invece in un ristorante adeguato la sera dopo o con un'altra compagnia, dove al contrario, se ci offrissero patatine fritte con ketchup e maionese percepiremmo quella che si chiama dissonanza cognitiva.

L’esempio sopra è certamente banale ma se lo rigirate su tutte le vostre attività quotidiane probabilmente troverete qualche sorpresa: scrivere una strategia di marketing vi aiuta a identificare voi stessi e che cosa offrite, a fare i nodo che sia coerente con il vostro ambiente, le vostre risorse umane, i vostri prezzi al pubblico e la vostra comunicazione.

Fermandoci un attimo proprio su questo punto sempre più in auge in questo momento di crisi vi chiedo: quante volte vi siete fermati a pensare se il vostro tono di voce sul sito web, sui social e su qualsiasi altro canale di interazione con i clienti (ma anche con quelli potenziali) è coerente con chi siete e/o con chi vorreste diventare?

Perché il marketing può aiutarci ad uscire dalla crisi? Perché ci aiuta a focalizzare gli obiettivi, a mettere in ordine le priorità, a presentarci al pubblico con un'offerta enogastronomica coerente con la location, a prezzi corretti e con una comunicazione efficace.

Se poi per pubblicizzare un ristorante o una pizzeria con il marketing, allo studio di marketing facciamo seguire azioni concrete (e misurabili nei risultati) di comunicazione ed advertising, certamente avremo un riscontro economico nel breve e nel medio termine.

Consci delle risposte alle domande che siamo posti qualche riga sopra infatti le azioni che andremo ad intraprendere saranno molto più economiche perché molto più mirate al target di riferimento e con comunicazioni più in linea e più comprensibili da quello stesso target.

Un esempio: se mi rendo conto che la mia buyer persona (così si chiama il cliente in target) ha dai 45 ai 60 anni, vive in un quartiere specifico di Roma, mediamente a pranzo mangia in mensa perché ha una pausa pranzo molto corta magari eviterò una campagna Instagram (dove la presenza è molto più numerosa e frequente per chi ha meno di 30 anni), sui miei piatti gourmet della pausa pranzo e di spendere soldi su affissioni in giro per tutta la città di Roma che 2 volte più popolosa dell’intero Friuli ed estesa quanto metà della valle d’Aosta.

Sempre dopo aver capito dove siamo forti e differenti dovremmo anche riflettere, per annoverarla e programmarla tra le azioni da intraprendere cosa stiamo facendo per fidelizzare e accontentare i nostri clienti abituali. Molto spesso infatti si investono molti soldi per cercare clienti nuovi (tra l’altro se non si sono svolti gli esercizi di cui sopra, spesso fuori target) e si perde di vista l’importanza di coloro che, ogni giorno o ogni settimana, ci scelgono premiandoci con costanza: senza contare, peraltro, che i primi veicoli di trasmissione virale dei nostri punti di forza, sono, o potrebbero essere, proprio loro… e, quasi sempre, a costo quasi zero!

Dott. Alberto Faverzani

Dott. Alberto Faverzani

PARTNER and STRATEGY CONSULTANT
Sommelier, esperto di marketing e comunicazione, barman, laurea in economia e passione per la cucina, ex ristoratore e direttore di sala. Strategie di impresa e sviluppo commerciale.

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